lunedì 31 dicembre 2018

La metrica dell’interno della Terra

La soluzione di un problema geometrico consentirebbe di determinare la struttura di un oggetto da informazioni limitate, forse


Un problema inverso consiste nel determinare le caratteristiche fisiche di un oggetto inaccessibile alla misura mediante lo studio della sua risposta a una stimolazione ondulatoria. Detto in altro modo, l’osservatore controlla una sorgente che produce delle onde (un fascio laser, ad esempio) che interagiscono con l’oggetto in questione e il cui comportamento – come l’angolo di deviazione della luce prodotta – fornisce informazioni sulla struttura dell’oggetto.

Che un oggetto non sia osservabile immediatamente, cioè tramite il semplice ricorso a uno strumento d’osservazione come un telescopio, è forse la caratteristica principale della fisica moderna e, in questo senso, ogni problema fisico riguardante l’infinitamente piccolo o l’infinitamente grande potrebbe essere definito come problema inverso. Se Rutherford scoprì nel 1909 il modello planetario dell’atomo, demolendo il modello precedente di Thomson, secondo il quale un atomo era costituito dal solo nucleo contenente le due cariche opposte, non è stato osservando la struttura atomica attraverso un microscopio super-potente, ma è stato studiando la debole deviazione delle particelle alfa (che, si scoprirà poi, sono assimilabili a delle onde) bombardando un sottile foglio d’oro. Rutherford scoprì in questo modo la struttura lacunosa della materia, rivelando l’esistenza di un nucleo carico positivamente e degli elettroni, carichi negativamente, che gravitano attorno a quest’ultimo in un “vasto” volume.

Di conseguenza, la maggior parte dei progressi nella fisica del XX secolo si è basata sull'osservazione di eventi che sono conseguenze dell'esistenza stessa degli oggetti. In altre parole: la conferma dei modelli teorici è stata fatta osservando gli effetti che prevedevano, non gli oggetti che esse consideravano in quanto tali. L'esempio più significativo che può essere menzionato è certamente quello dei buchi neri. La teoria della relatività generale - che cerca di comprendere i fenomeni di gravitazione delle stelle - predice l'esistenza di oggetti celesti così compatti e densi, i buchi neri, che la loro forza di attrazione gravitazionale impedisce a qualsiasi raggio di luce di sfuggire. Per sua natura, un buco nero non può essere visto, perché nessuna luce da essi può raggiungerci. Per quanto paradossale possa essere, gli astronomi sono ora in grado di prevedere l'esistenza di un buco nero e persino di localizzarlo, grazie a varie tecniche, come l'osservazione delle lenti gravitazionali, cioè. la forte deviazione della luce (un'onda) che ci raggiungerebbe da una stella situata direttamente dietro il buco nero. È chiaro che le parole ordinarie qui fanno fatica a dare un senso a questa stranezza della fisica contemporanea: nulla è visibile ma tutto si osserva.


Esistono miriadi di problemi fisici che potrebbero essere descritti come inversi. Tra di loro, alcuni sono di natura a volte analitica, a volte geometrica. In questo articolo ci occupiamo di un problema molto specifico, di natura geometrica, le cui origini risalgono agli albori del XX secolo. con le opere di tre geofisici tedeschi. Ma prima di poterlo formulare, dobbiamo introdurre alcuni elementi del linguaggio della geometria riemanniana.

Chi non ha familiarità con questa branca della matematica, consideri questo esempio elementare. In estate, su una strada diritta esposta al sole, osserviamo spesso miraggi: quello che possiamo vedere in lontananza non è più l’asfalto, ma sono macchie di cielo che sembrano pozzanghere e che non raggiungeremo mai. 



La spiegazione è relativamente semplice: il calore rilasciato dall'asfalto devia i raggi di luce e li incurva vicino al suolo, il che ci fa vedere il cielo anziché la strada. Un primo modo per formulare questo problema è dire che l'indice di rifrazione della luce è stato modificato dalla temperatura. Secondo le leggi di Snell, questa modifica dell'indice, non omogenea (dipende dalla temperatura dell'aria che tende a riscaldarsi vicino all'asfalto), ma isotropa (non c’è una direzione preferenziale) porta ad una modifica della traiettoria della luce. Così gli scienziati spiegavano questo fenomeno nel diciassettesimo e diciottesimo secolo (e ancor oggi si insegna nelle scuole).


Con l'introduzione delle geometrie non euclidee nel XIX secolo, è apparso un modo nuovo di studiare questo problema. Invece di pensare che i raggi di luce si muovano curvando nel consueto spazio euclideo che abitiamo, è divenuto equivalente pensare che i raggi viaggino in linea retta in uno spazio intrinsecamente curvo. In questo modello, un fascio di luce sembra quindi muoversi in un mezzo la cui geometria potrebbe essere curva, come un aereo si sposta sulla superficie della Terra secondo un arco di cerchio. 

Naturalmente, tutta la difficoltà dell'impresa è di formulare ciò che questo "in linea retta" significa in termini matematici in uno spazio che non è più euclideo. Bisogna infatti ricorrere al concetto di geodetica. Una geodetica è la curva più breve che congiunge due punti di uno spazio. Lo spazio in questione può essere quello euclideo, una più generale varietà riemanniana (uno spazio “curvo”), o un ancor più generale spazio metrico in qualsiasi dimensione. Ad esempio, nel piano, le geodetiche sono le linee rette, su una sfera sono gli archi di cerchio massimo  Il termine generale con il quale si designano queste geometrie curve è quello di geometria riemanniana.

In termini matematici, diciamo che una modifica dell'indice di rifrazione corrisponde a una modifica della metrica dello spazio, che è all'origine della sua curvatura: la metrica, qui, è l'oggetto matematico che codifica la struttura dello spazio su scala infinitesimale. Darsi una metrica è, infatti, darsi un modo per misurare le distanze nello spazio che si vuole studiare: una sorta di regola la cui lunghezza potrebbe accorciarsi o aumentare in base alla nostra posizione e il nostro orientamento nello spazio. Facciamo un esempio semplice, parlando del problema del bagnino, un classico problema di ottimizzazione: un bagnino in spiaggia (chiamiamolo Bob) vuole salvare una persona che sta annegando (chiamiamola Alice). Nella metrica euclidea - che è quella che comunemente chiamiamo la distanza "a volo di uccello" - la distanza tra Bob e Alice è data dalla lunghezza della geodetica euclidea che li connette, cioè, il segmento rettilineo Bob-Alice. Ma Bob non si muove nella metrica euclidea, perché sa che corre più veloce di quanto faccia nuotando e quindi ha interesse a massimizzare il suo tempo di corsa a piedi e ridurre al minimo il tempo di nuoto per salvare Alice in tempo. Nella metrica di Bob, la geodetica che lo collega ad Alice non è più una linea retta - Bob non si muove più nella geometria euclidea, ma secondo una propria metrica.


I matematici designano generalmente una metrica con la lettera g; i fisici preferiscono la notazione ds2. Ad esempio, in un piano con un determinato sistema di coordinate (Oxy), la metrica euclidea viene descritta come:




Si noti che questo è semplicemente il teorema di Pitagora. Ma altre metriche sono possibili, dando luogo ad altre geometrie (questa volta curve, e non più euclidee) in cui il teorema di Pitagora non è più valido o, meglio, è solo un caso particolare nel caso in cui sia valido il postulato delle parallele di Euclide.

Una delle più celebri geometrie non euclidee è la geometria iperbolica. Questa geometria in particolare descrive superfici come quella rappresentata in figura. Essa si ottiene tramite la metrica:




Le geodetiche sono in questo caso delle iperboli: la loro curvatura è negativa, perciò le geodetiche che partono dallo stesso punto con direzioni vicine (ma diverse) tenderanno a deviare molto rapidamente l'una dall'altra. Ciò che deve essere tenuto presente è il principio generale su cui poggia la geometria riemanniana: la curvatura dei raggi di luce viene interpretata come una curvatura intrinseca dello spazio in cui si muovono. Aggiungiamo incidentalmente che questo capovolgimento del punto di vista è stato cruciale nella storia della fisica in quanto ha consentito in particolare la formulazione matematica della teoria della relatività generale di Einstein all'inizio del XX secolo.

In seguito, ci concentreremo su uno dei casi le cui caratteristiche fisiche possono essere descritte a priori mediante geometrie non euclidee. I matematici pensano che il modo in cui la curvatura varia da luogo a luogo all'interno di una "varietà riemanniana" (il gergo matematico per indicare lo spazio curvo) determina i percorsi più brevi tra due punti qualsiasi. Interpretato nel linguaggio della geometria riemanniana, questo principio equivale a dire che le onde si muovono lungo le geodetiche della metrica.

Onde sismiche e interno della Terra - All'inizio del XX secolo, grazie al miglioramento tecnico dei sismografi, i geofisici hanno scoperto l'esistenza di due tipi di onde che si propagano nella crosta terrestre in seguito a un terremoto: le onde P e S. Le onde P (primarie), le cosiddette onde di compressione, sono le più veloci, si muovono a una velocità di 6 km/s vicino alla superficie della Terra e sono quindi le prime ad essere registrate dai sismografi. Nelle onde di compressione, l’impulso ha la stessa direzione della propagazione dell’onda, e si manifesta attraverso una serie di rarefazioni e compressioni del mezzo attraversato.


Poi giungono le onde S, dette onde trasversali o di taglio, più lente ma anche più devastanti per le costruzioni, perché tendono a spostare il mezzo perpendicolarmente alla direzione di propagazione dell'onda. Le onde S non si propagano nei fluidi.



Lo studio dei tempi di propagazione di queste onde nel corso del XX secolo ha portato a modelli sempre più raffinati della struttura interna della Terra, che è suddivisa in una crosta terrestre sottile, con uno spessore dell'ordine di poche decine di chilometri, un mantello, profondo fino a 3000 km, e infine un nucleo, una parte del quale è liquido e impedisce la propagazione delle onde S.


Dopo le prime scoperte sull'esistenza di queste onde, Herglotz, nel 1905, Wiechert e Zoeppritz, nel 1907, suggerirono un modello matematico per descrivere la struttura interna della Terra: quest'ultima è rappresentata da una sfera di raggio R ≃ 6300 km; la sua struttura è a simmetria sferica (cioè la sua densità dipende solo dalla distanza dal centro della Terra) ed è isotropica. In termini di geometria riemanniana, ciò equivale a supporre che la metrica che descrive la struttura interna della Terra sia proporzionale alla metrica euclidea di un fattore di proporzionalità 1/c2, dove c descrive la velocità di propagazione delle onde P all'interno della Terra. Secondo le ipotesi precedenti, si presume che la funzione c sia radiale, vale a dire che dipende solo dalla distanza r dal centro della Terra.


Se indichiamo con g la metrica della Terra e geucl la metrica euclidea, allora:




Inoltre, affinché il modello fosse fedele all'osservazione, Herglotz e Wichert-Zoeppritz hanno ipotizzato che esso doveva soddisfare una condizione supplementare:



che traduce il fatto che la traiettoria delle onde è sempre più curva man mano che si avvicinano al centro della Terra. Da un punto di vista geometrico, se Sr designa una sfera di raggio r, e x e y sono due punti su questa sfera, allora l'unica geodetica che li collega è interamente contenuta all'interno della sfera. Infine, come già menzionato, si suppone che le onde sismiche di tipo P si propaghino secondo le geodetiche della metrica curvilinea g

Si supporrà anche che siano stati raccolti abbastanza dati sismici affinché, data qualsiasi coppia di punti x e y sulla superficie terrestre, il tempo di percorrenza di un'onda P da x (l'epicentro di un terremoto) a y (la stazione di registrazione) sia noto. 



Questo è un assunto molto forte che, in pratica, non è mai raggiunto a livello globale perché ci sarebbero troppe misure da eseguire, ma può esserlo almeno localmente, su una certa porzione del globo (ad esempio nelle vicinanze di faglie sismiche), o globalmente, estrapolando i risultati noti localmente. Si presume pertanto conosciuta la funzione di tale tempo di percorrenza (funzione distanza al bordo) (x, y) ↦ τ (x, y) che associa a qualsiasi coppia di punti (x, y) sulla superficie sferica il tempo di percorrenza stimato di un'onda da x a y. La domanda quindi è:
Se conosciamo il tempo di percorrenza dell’onda τ (x, y) da x a y per qualsiasi coppia di punti (x, y) sulla superficie della Terra, è possibile ricostruire la funzione della sua velocità c, vale a dire la metrica della Terra?



Questo problema pone in realtà due domande ausiliarie, che cerchiamo di descrivere. La prima è di ordine teorico: è teoricamente possibile ricostruire la funzione c di velocità delle onde? In altre parole, date due metriche sulla Terra, che scriviamo g e g', se supponiamo che i tempi di percorrenza associati alle due metriche coincidano, cioè che τ (x, y) = τ '(x, y) per qualsiasi coppia di punti (x, y) sulla superficie della Terra, è vero che c = c', cioè le funzioni di velocità dell'onda sono le stesse? In termini matematici, questo è chiamato un problema di iniettività. Se possiamo rispondere positivamente a questa domanda, diremo che la funzione del tempo di propagazione determina la metrica della Terra.

In realtà è possibile considerare una classe di metriche un po’ più generale di quelle fin qui citate. Ad esempio, possiamo immaginare che la funzione c non dipenda solo dalla distanza dal centro della Terra, ma anche da altri parametri posizionali. Ancor più difficile è la seconda domanda: è possibile immaginare che la metrica non sia isotropa, cioè che siano preferite certe direzioni di propagazione delle onde sismiche? In pratica, ciò dipende dal tipo di materiale attraversato dall'onda: l'olivina, ad esempio, che costituisce gran parte del mantello terrestre, è un minerale altamente polarizzato; a seconda del suo orientamento, il rapporto delle velocità di propagazione delle onde può variare fino al 25%. Questa forte anisotropia si deve dunque ritrovare alla scala della metrica.

In ogni caso, supporremo almeno che la metrica terrestre g sia semplice, vale a dire che ogni coppia di punti (x, y) del globo è legata da una singola geodetica. Da un punto di vista fisico, ciò significa che un'onda sismica che parte da x e arriva a y ha seguito un singolo percorso: non si è divisa in due prima di essere ricomposta in y. Ancora, le osservazioni sismiche mostrano che questa ipotesi non è del tutto esatta. Ma non farlo complicherebbe seriamente il problema (e, anche, lo renderebbe insolubile).

Nel 1981 che il matematico francese René Michel pubblicò un articolo nella rivista Inventiones Mathematicae, in cui affermava la seguente congettura, che ora porta il suo nome:
Congettura di Michel (1981): se la metrica è semplice, essa è determinata dalla funzione del tempo di percorrenza.
In altre parole, la congettura di Michel afferma che la conoscenza della funzione del tempo di propagazione τ delle onde sismiche è teoricamente sufficiente per conoscere la metrica g. Assai presto i matematici capirono che il problema di Michel era difficile e, tranne alcuni casi molto particolari, pochi risultati arrivarono a sostenere la congettura. Ci sono voluti più di venti anni perché fosse risolta in due dimensioni da Leonid Pestov e Gunther Uhlmann, in un articolo sul giornale americano Annals of Mathematics. La loro dimostrazione va ben oltre il nostro scopo, ma ci accontenteremo di fare due osservazioni al riguardo. Da un lato, la loro dimostrazione non ha permesso di dimostrare la congettura nella dimensione 3 (o anche in dimensione più grande), che è proprio il caso che ci interessa, poiché il pianeta Terra è una "palla" tridimensionale. Inoltre, non è stata costruttiva, cioè ha risposto positivamente alla congettura di Michel affermando che è teoricamente possibile ricostruire la metrica, ma non ha detto come farlo.

Infatti, non solo è necessario sapere che la ricostruzione è possibile, ma è anche necessario dare una formula o un algoritmo che permetta il calcolo pratico della metrica g. Questo problema, chiamato congettura di rigidità di contorno, è stato affrontato nel 2017 dai tre matematici Plamen Stefanov (Purdue University di West Lafayette, Indiana), Gunther Uhlmann (Università di Washington, Seattle) e Andras Vasy (Stanford University, California) in uno studio, presentato all'University College di Londra (UCL), che utilizza le più moderne tecniche di analisi che si definiscono come analisi microlocali. La congettura afferma che conoscere le lunghezze dei cammini più brevi tra i punti di un contorno determina essenzialmente la curvatura totale (Si dice quindi che la geometria sia "rigida"). Quindi, misurando il modo in cui le onde viaggiano all'interno di uno spazio curvo, si potrebbero elaborare i percorsi più brevi e, teoricamente, la struttura generale.

Nello specifico, i tre matematici hanno considerato l’ipotesi, che differisce da quella di Michel, che lo spazio curvo sia strutturato in strati concentrici. Ciò ha permesso loro di costruire una soluzione in più fasi. "Strato dopo strato, come sbucciare una cipolla", ha detto Uhlmann, in modo da ricostruire la metrica grazie ad un determinato algoritmo. 

La loro idea è di risolvere il problema prima localmente, ricostruendo la metrica in prossimità della superficie terrestre grazie a una relazione relativamente esplicita che utilizza solo il tempo di viaggio delle onde che restano vicino alla superficie terrestre. Quindi, sfruttando la laminazione convessa (o "peeling"), mostrano che si può “scavare” sempre di più nella Terra, vale a dire applicare nuovamente il loro metodo di ricostruzione locale su uno strato leggermente più profondo. E così via, passo dopo passo, il loro algoritmo consente la ricostruzione della metrica fino a raggiungere il centro della Terra. La pubblicazione del loro studio ha anche dato origine a un articolo su Nature, che è un fatto abbastanza raro riguardo a un risultato matematico e quindi va sottolineato.


Attualmente, la ricerca è incentrata sull'implementazione numerica del metodo Stefanov-Uhlmann-Vasy. Per esso è certamente interessante avere un algoritmo che inverte la funzione di tempo di percorrenza e ricostruisce la metrica, ma è ancora necessario codificarlo con il computer, per confrontarlo con una mole maggiore di dati reali, vale a dire senza fare troppi errori di arrotondamento. Questo non è un compito facile. Un primo tentativo, datato 2018 e considerando un quadro un po' semplificato, sembrerebbe confermare che questo approccio è legittimo. Caso da seguire, quindi, in quanto non sappiamo ancora se le metriche semplici verifichino il requisito di laminazione convessa richiesto per il funzionamento dell'algoritmo Stefanov-Uhlmann-Vasy. È probabile che sia così, ma i matematici sono in attesa di ulteriori verifiche. 

Applicare la teoria a reali dati geofisici non avverrà immediatamente, come sostiene Maarten de Hoop, un sismologo computazionale della Rice University di Houston, in Texas. Una difficoltà è che la teoria presuppone che ci siano informazioni in ogni punto. In realtà, i dati sono raccolti solo in località relativamente sparse. Uhlmann dice che sta lavorando su quel problema con colleghi specializzati in analisi numerica.


La congettura di Michel è quindi sospesa su quest'ultimo aspetto. Da laureato in geologia, non posso nascondere alcune mie perplessità di fondo: l’interno della Terra è a mio parere difficilmente assimilabile a una varietà riemanniana a simmetria sferica. Esso non è isotropo, presenta discontinuità importanti, come quella Mohorovičić, scoperte proprio grazie alle onde sismiche, che segnano un cambiamento di composizione delle rocce, e altre, che segnano un cambiamento del loro stato fisico (nell'astenosfera del mantello superiore le rocce sono in uno stato semifluido, il che significa anche che si muovono, come magmi o come corpi plastici per reomorfismo, in contrasto con l’assunto della rigidità). Anche il mantello esterno presenta rocce allo stato fluido, in corrispondenza di un brusco cambiamento di densità rispetto al mantello interno. È probabile che Stefanov, Uhlmann e Vasy sappiano apportare le dovute correzioni al loro modello per tener conto di queste diverse condizioni, ma la dimostrazione della congettura di Michel perderebbe uno dei suoi auspicati vantaggi: l’applicabilità ad altri campi oltre a quello geofisico senza dover ricominciare tutto daccapo.

Riferimenti: 

Thibault Lefeuvré — « Le chant de la Terre » — Images des Mathématiques,CNRS, 2018

giovedì 20 dicembre 2018

Il giovane Marx: da poeta romantico a rivoluzionario


Il padre di Karl Marx (1818-1883), Heinrich, un avvocato di successo, era un illuminista, seguace di Kant e Voltaire. Sua madre, Henrietta Pressburg, era originaria dell'Olanda. Entrambi erano ebrei e discendevano da una lunga serie di rabbini, ma, circa un anno prima della nascita di Karl, suo padre, probabilmente perché la carriera professionale lo richiedeva, aderì alla Chiesa Evangelica. Karl fu battezzato quando aveva sei anni. Sebbene, da giovane, Marx fosse più influenzato dalle idee dell'Illuminismo che dalla religione, le sue radici ebraiche lo esposero a pregiudizi che lo avrebbero portato a mettere in discussione il ruolo della religione nella società e contribuito al suo desiderio di cambiamento sociale.

Studiò dal 1830 al 1835 alla scuola superiore di Treviri. Sospettata di ospitare insegnanti e allievi liberali, la scuola era sotto sorveglianza della polizia. Gli scritti di Marx durante questo periodo mostrano uno spirito devoto e una brama di sacrificio di sé a favore dell'umanità. Nell'ottobre del 1835 si iscrisse all'Università di Bonn. I corsi che frequentò erano esclusivamente nelle discipline umanistiche, con materie come la mitologia greca e romana e la storia dell'arte. Partecipava alle normali attività studentesche, combatté a duello, e passò un giorno in prigione per ubriachezza. Si unì a un’accolita di poeti che includeva alcuni attivisti politici. Molti studenti erano stati arrestati; alcuni erano stati espulsi, in particolare a causa di un tentativo di interrompere una sessione della Dieta Federale a Francoforte. Marx, comunque, lasciò Bonn dopo un anno e si iscrisse all'Università di Berlino per studiare legge e filosofia.


Quando Karl Marx iniziò a frequentare l’Università di Berlino, voleva diventare un poeta e drammaturgo. Ben presto capì che i suoi interessi erano altri, ma non senza aver scritto frammenti di un racconto, Scorpion e Felix, una manciata di poesie d’amore e il primo atto di una tragedia romantica in versi, dal criptico titolo di Oulanem, del 1839.


Scorpion e Felix, un romanzo umoristico (Skorpion und Felix, Humoristischer Roman) è l'unico racconto comico di Karl Marx. Scritto nel 1837, quando aveva 19 anni, probabilmente sotto l'influenza del Tristram Shandy di Laurence Sterne, rimase inedito.

Il racconto è narrato in prima persona al tempo presente. La trama ruota intorno a tre personaggi principali, Felix, Scorpion e Merten, alla ricerca delle loro origini. Il romanzo sembra accennare a una polemica ironica contro la filosofia. È stato anche descritto come satirico. Un paragrafo dell’opera appare, in forma leggermente modificata, in apertura de Il diciotto brumaio di Luigi Bonaparte.

Il romanzo non fu mai finito. Solo alcuni capitoli sopravvivono ai nostri giorni. Parti di esso potrebbero essere state bruciate dallo stesso Marx, insieme ad altri suoi primi tentativi letterari. Le parti che sopravvivono sono quei frammenti che Marx avrebbe incluso come supplemento quando pubblicò il suo Libro di Poesie (1837). Con il senno di poi, possiamo dire che il mondo non perse un grande poeta.

Mentre studiava all'Università di Berlino, nel 1836, Marx si innamorò della sorella di un compagno di scuola della sua città natale, Treviri, Jenny von Westphalen. Qui riproduco un estratto da uno dei tre sonetti che le inviò in una lettera, tra molte altre opere in versi che le scrisse.

"Per me, nessuna Fama terrestre
Che viaggia lontano attraverso terre e nazioni
Per tenerli tremanti in schiavitù
Con il suo riverbero remoto
Vale i tuoi occhi, quando splendono pieni,
Il tuo cuore, quando è caldo di esultanza,
O due lacrime profonde che cadono,
Strappate ai tuoi occhi dalle emozioni della canzone”.


Marx scriveva anche di argomenti umoristici. In una poesia intitolata Su una certa testa calva, egli letteralmente gioca con le sue conoscenze classiche per prendere in giro qualcuno che potrebbe aver avuto un certo significato nella sua vita per giustificare tale opera.


"Come un fulmine nato dal fulgore
Brilla dai regni delle nuvole lontano,
Pallade Atena vittoriosa
Uscì dalla testa piena di pensieri di Zeus.
Ciò nonostante, nella giocosità sconfinata,
Sopra la sua testa essa è anche limitata,
E ciò che in profondità egli non poté mai sondare
Brilla visibilmente sul suo cranio".


L’azione di Oulanem si svolge invece in una città alpina dell’Italia, con sette personaggi, tra i quali il viaggiatore tedesco Oulanem e, guarda i casi della letteratura, il cittadino Pertini. Tutti i personaggi sono corrotti e consci della loro corruzione, in uno scenario privo di speranza.


"... il mondo plumbeo rapido ci trattiene,
E siamo incatenati, frantumati, vuoti, spaventati,
Eternamente incatenati a questo blocco di marmo dell'Essere ...
e noi -
Siamo le scimmie di un Dio freddo."


I critici dell’estrema destra religiosa hanno naturalmente parlato di affiliazione giudaico-massonico-satanista del futuro filosofo di Treviri, che sembra rifiutare ogni pensiero di salvezza. Sarà, ma poco più di cent’anni dopo l’opera “satanista” del giovane Marx, sarà un montanaro di nome Pertini a dare l’ordine di fare giustizia del criminale dittatore Mussolini. Nemesi storico-letteraria? Profezia? Caso fortuito?

La poesia del giovane Marx non era limitata a idee di amore, desiderio o gelosia. Incominciavano anche ad apparire temi di critica esistenziale e sociale, espressi nella forma romantica tipica dell’età e dei tempi, con toni talvolta apocalittici. In Sentimenti troviamo ad esempio:

"Comprenderei il cielo
Vorrei disegnare il mondo per me;
Vivere, odiare, intendo
Che la mia stella brilli luminosa"
(…)
"I mondi distruggerei per sempre,
non posso creare nessun mondo;
Poiché al mio appello mai fanno caso".


L'esperienza principale di Marx a Berlino fu l’introduzione alla filosofia di Hegel e la sua adesione ai giovani hegeliani. L’influenza hegeliana nella cultura studentesca rivoluzionaria era elevata, e Marx si unì a una società chiamata il Circolo del Dottore, i cui membri erano profondamente coinvolti nel nuovo movimento letterario e filosofico. La loro figura principale era Bruno Bauer, un giovane professore di teologia, che stava sviluppando l'idea che i vangeli cristiani non fossero altro che delle fantasie umane derivanti da bisogni emotivi e che Gesù non fosse un personaggio storico. I giovani hegeliani iniziarono a spostarsi rapidamente verso l'ateismo e parlavano vagamente di azione politica.
 
Il governo prussiano, temendo la sovversione latente dei giovani hegeliani, prontamente si impegnò a cacciarli dalle università. Bauer fu destituito dal suo incarico nel 1839. Due anni dopo, i giovani hegeliani erano diventati repubblicani di sinistra. Gli studi di Marx, nel frattempo, erano in ritardo. La sua tesi analizzava secondo i canoni hegeliani la differenza tra il materialismo di Democrito e quello di Epicuro. Il suo consigliere di tesi era Bauer, e la tesi era contestata all'Università di Berlino per l'ateismo dichiarato e gli attacchi espliciti alla teologia. Esortato dai suoi amici, Marx la presentò alla più liberale Università di Jena, dove conseguì il dottorato di ricerca nell'aprile del 1841.

Nel 1841 Marx fu molto colpito dalla pubblicazione di L’essenza del cristianesimo di Ludwig Feuerbach. Il suo autore, secondo Marx, criticava con successo l’idealismo hegeliano, che anteponeva la mente e lo Spirito alla materia o all'esistenza storica. Feuerbach, dall'opposto punto di vista materialista, suggeriva che lo "Spirito Assoluto" fosse una proiezione de "l’uomo reale, che sta al fondamento della natura." Da allora gli sforzi filosofici di Marx si rivolsero verso una combinazione della dialettica di Hegel, l'idea che tutte le cose sono in un continuo processo di cambiamento derivante dai conflitti tra i loro aspetti contraddittori, con il materialismo di Feuerbach, che collocava le condizioni materiali sopra le idee.


Nel gennaio 1842, Marx iniziò a collaborare a un giornale appena fondato a Colonia, la Rheinische Zeitung (Gazzetta renana). Era l'organo democratico liberale di un gruppo di giovani commercianti, banchieri e industriali; Colonia era il centro della regione più industrialmente avanzata della Prussia. A questo stadio della vita di Marx appartiene un saggio sulla libertà di stampa e contro la censura.

Il 15 ottobre 1842, Marx divenne direttore del giornale e iniziò a scrivere editoriali su una gran varietà di questioni sociali ed economiche, che andavano dalle abitazioni dei poveri di Berlino, al furto di legna dalle foreste da parte dei contadini, al nuovo fenomeno del comunismo. Nei suoi scritti criticava regolarmente non solo il governo conservatore prussiano, ma anche i socialisti che pensava non capissero che fosse necessaria una reale lotta pratica per la rivoluzione, e che le riforme politiche graduali fossero insufficienti e potenzialmente controproducenti. Allo stesso tempo, si stava allontanando dai giovani hegeliani, per i quali scandalizzare i borghesi era il massimo dell’attività sociale. Marx, disponibile in quel momento con gli "uomini pratici di idee liberali" che stavano "lottando passo dopo passo per la libertà entro i limiti costituzionali", riuscì a triplicare la tiratura del giornale e a renderlo una testata di punta in Prussia. Le autorità prussiane lo sospesero per essere troppo esplicito e Marx accettò di collaborare con il filosofo e scrittore hegeliano Arnold Ruge a una nuova rivista, la Deutsch-französische Jahrbücher (Annali franco-tedeschi), che doveva essere pubblicata a Parigi.

In precedenza, nel giugno 1843, Marx, dopo un fidanzamento di sette anni, aveva sposato Jenny von Westphalen. Jenny era una donna attraente, intelligente e molto ammirata, di quattro anni più vecchia di Karl; proveniva da una famiglia di tradizioni militari e amministrative. Quattro mesi dopo il loro matrimonio, la giovane coppia, che aveva già una figlia, si trasferì a Parigi, che era allora il centro del pensiero socialista e delle sette più radicali, che si definivano comuniste. Lì, Marx divenne per la prima volta un rivoluzionario e iniziò a frequentare società comuniste di operai francesi e tedeschi. Le loro idee erano, a suo avviso, "assolutamente rozze e non intelligenti", ma il loro carattere lo commuoveva: "La fratellanza dell'uomo non è una semplice frase per loro, ma un fatto della vita, e la nobiltà dell'uomo ci illumina dai loro duri corpi temprati dal lavoro", scrisse nel suo cosiddetto Manoscritto economico-filosofico del 1844, rimasto inedito per quasi un secolo.


Gli Annali franco-tedeschi ebbero breve vita, ma, attraverso la loro pubblicazione, Marx ritrovò Friedrich Engels, che aveva conosciuto a Berlino durante il servizio militare di quest’ultimo. Engels diventò un sostenitore che sarebbe diventato il suo collaboratore e protettore per tutta la vita. Nelle pagine della rivista apparve l'articolo Verso la Critica della filosofia hegeliana del diritto, con l’affermazione, spesso citata. secondo cui la religione è "l'oppio del popolo ". Fu in quel testo che iniziò ad applicare la logica della dialettica hegeliana e adattare la critica della religione offerta dai giovani hegeliani alle relazioni economiche, fornendo il quadro per la critica più tarda e più dettagliata dell'economia politica e per il "socialismo scientifico" del Capitale. Egli sollevò la richiesta di una "rivolta del proletariato" per realizzare le concezioni della filosofia. Ancora una volta, il governo prussiano intervenne contro Marx. Fu espulso dalla Francia e partì per Bruxelles, seguito da Engels, nel febbraio 1845. Quell'anno in Belgio rinunciò alla sua nazionalità prussiana e cominciò a lamentare guai finanziari perché dagli Annali non era stato pagato.


I due anni successivi a Bruxelles videro il consolidarsi della collaborazione di Marx con Engels. Engels aveva osservato in prima persona a Manchester, dove si trovava una filiale della ditta tessile di cui suo padre era socio, tutti gli aspetti drammatici della rivoluzione industriale e aveva scritto nel 1844 La condizione della classe lavoratrice in Inghilterra. Era stato un giovane hegeliano e si era convertito al comunismo per il carisma di Moses Hess, che era chiamato il "rabbino comunista". Lui e Marx unirono le loro risorse intellettuali e pubblicarono La Sacra Famiglia (1845), una lunga critica dell'idealismo hegeliano. La loro opera successiva, L’ideologia tedesca, scritta nel 1845-46, conteneva l’esposizione della loro concezione materialistica della storia, che si proponeva di mostrare come, storicamente, le società fossero strutturate per promuovere gli interessi della classe economicamente dominante. Ma non trovò editore e rimase sconosciuto durante le vite dei due autori.

Durante gli anni di Bruxelles, Marx, definì la sua posizione intellettuale. Egli insisteva sul fatto che non si potesse saltare lo stadio della società borghese; il proletariato non poteva semplicemente conquistare il comunismo dall'oggi al domani; il movimento operaio richiedeva una base scientifica, non frasi moralistiche. Polemizzò contro il pensatore socialista Pierre-Joseph Proudhon in Miseria della filosofia (1847), un ficcante attacco al libro di Proudhon sottotitolato Philosophie de la misère (1846). Proudhon voleva unire le migliori caratteristiche di contrari come la concorrenza e il monopolio; sperava così di salvare le caratteristiche delle istituzioni economiche eliminando il male. Marx, tuttavia, dichiarò che non era possibile alcun compromesso tra gli antagonismi in un dato sistema economico. Le strutture sociali erano forme storiche transitorie determinate dalle forze produttive: "Il modo di ragionare di Proudhon - scriveva Marx - è tipico del piccolo borghese, che non riesce a vedere le leggi fondamentali della storia”.

Un'insolita sequenza di eventi portò Marx ed Engels a scrivere l’opuscolo Il Manifesto del partito comunista. Nel giugno 1847 una società segreta, la Lega dei Giusti, composta principalmente da artigiani tedeschi emigrati, si incontrò a Londra e decise di formulare un programma politico. Mandarono un rappresentante a Marx per chiedergli di unirsi alla lega; Marx vinse i suoi dubbi e, con Engels, si unì all'organizzazione, che cambiò il suo nome in Lega comunista e promulgò una costituzione democratica. Il compito di comporre il loro programma fu affidato a Marx ed Engels, che vi lavorarono dalla metà di dicembre del 1847 alla fine di gennaio del 1848. I comunisti di Londra stavano già impazientemente minacciando Marx di un'azione disciplinare quando inviò loro il manoscritto, che essi prontamente adottarono come loro manifesto. Il pamphlet enunciava la proposizione che tutta la storia era stata finora una storia di lotte di classe, riassunta in forma concisa nella concezione materialistica della storia elaborata nell'Ideologia tedesca, e affermava che l'imminente vittoria del proletariato avrebbe messo fine alla società di classe per sempre. Rifiutava la via delle "utopie sociali", piccoli esperimenti in comunità, come l'attenuazione della lotta di classe e quindi come "sette reazionarie". Proponeva alcune misure immediate come primi passi verso il comunismo, che andavano da una tassa progressiva sul reddito, all'abolizione delle eredità, all'educazione gratuita per tutti i bambini. Si chiudeva con le parole: "I proletari non hanno nulla da perdere se non le loro catene. Hanno un mondo da vincere. Lavoratori di tutti i paesi, unitevi!"

Questo periodo della vita dei due padri del comunismo è stato descritto nel film Il giovane Marx del regista haitiano Raoul Peck, presentato fuori concorso al Festival di Berlino del 2017. Nella recensione pubblicata su Repubblica in occasione dell’uscita in Italia, nell'aprile 2018, Emiliano Morreale sostiene che “Il Marx raccontato è quello del periodo 1844-1848, dall'incontro con Engels alla stesura del Manifesto, alla vigilia dei moti che sconvolgeranno l'Europa. In mezzo l'espulsione dalla Francia, le difficoltà economiche, i rapporti con Proudhon, le polemiche e la trasformazione della Lega dei Giusti. È un mondo cosmopolita, quello raccontato, in cui i personaggi fra loro parlano inglese, francese e tedesco. (…) Per motivi anche di costo, rimane un po' sullo sfondo la descrizione delle contraddizioni sociali da cui quei movimenti politici partivano, ma in compenso viene fuori un dato non secondario: l'idea di un Marx figlio del Romanticismo, personaggio ottocentesco calato nei moti profondi della sua epoca, a suo modo personaggio da romanzo, non solo analista e teorico, ma anche avventuriero visionario”.



La rivoluzione liberale (e in certi casi patriottica, come in Italia) esplose improvvisamente in Europa nei primi mesi del 1848. Marx era stato invitato a Parigi da un membro del governo provvisorio appena in tempo per evitare l'espulsione dal governo belga. Con la rivoluzione in corso in Austria e in Germania, Marx ritornò in Renania. A Colonia sostenne una politica di coalizione tra la classe operaia e la borghesia democratica, opponendosi per questo motivo alla nomina di candidati indipendenti dei lavoratori per l'Assemblea di Francoforte e schierandosi caparbiamente contro il programma di rivoluzione proletaria sostenuto dai leader dell'Unione dei lavoratori. Era d'accordo con il giudizio di Engels che il Manifesto del Partito Comunista doveva essere per il momento accantonato e la Lega comunista sciolta. Marx insistette sulla sua politica attraverso le pagine della Neue Rheinische Zeitung, appena fondata nel giugno del 1849, che sollecitava una democrazia costituzionale e la guerra contro la Russia. Quando il leader dell'Unione dei lavoratori, Andreas Gottschalk, fu arrestato, Marx ne prese il posto e organizzò il primo Congresso democratico della Renania nell'agosto del 1848. Intanto il re di Prussia aveva sciolto il parlamento di Berlino, Marx incitò alla resistenza armata, allora i liberali borghesi ritirarono il loro sostegno al suo giornale, e lui stesso fu incriminato per diverse accuse, incluso l’invito a non pagare le tasse. La giuria lo assolse all'unanimità, ma egli fu espulso come straniero il 16 maggio 1849.

Espulso anche da Parigi, Marx si recò a Londra nell'agosto del 1849. Sarebbe diventata la sua residenza per il resto della vita, ma il rapporto del pensatore tedesco con la capitale inglese fu molto contrastato e, per molto tempo, egli vi avrebbe vissuto isolato, infelice e povero.

venerdì 14 dicembre 2018

Tennyson e la natura “rossa di dente e artiglio”


Nel settembre 1833 moriva improvvisamente a Vienna per un’emorragia cerebrale il poeta Arthur Henry Hallam, fraterno amico di Alfred Tennyson (1809-1992) sin dai tempi in cui entrambi studiavano a Cambridge. Fu, per il futuro Poeta Laureato e preferito dalla Regina Vittoria in persona (che lo fece Lord), una perdita gravissima, che gli ispirò l’opera considerata il suo capolavoro, In Memoriam A.H.H, un lungo poema in 131 canti completato nel 1849. Il titolo originale era The Way of the Soul (La Via dell’Anima), che può forse dare un’idea migliore di come l’opera sia il resoconto dei pensieri e delle emozioni dell’autore sull'esistenza e sul mondo. Tennyson considera la crudeltà della natura alla luce del suo pensiero combattuto in tema religioso, molto influenzato dalle scoperte scientifiche del tempo, tra le quali la neonata geologia, che apriva orizzonti temporali prima mai immaginati.

Una delle quartine più citate di In Memoriam si trova nel Canto 56, dove la frase, "nature, red in tooth and claw" (la natura, rossa di dente e artiglio) sembra anticipare di dieci anni le idee di Darwin sulla selezione naturale:

Who trusted God was love indeed
And love Creation's final law
Tho' Nature, red in tooth and claw
With ravine, shriek'd against his creed.

Che pensava che Dio fosse proprio amore
e amore la legge definitiva della Creazione
ma la Natura, rossa di dente e artiglio
con l’abisso, gridava contro il suo credo.

La frase "Nature, red in tooth and claw", quando uscì L’origine della Specie di Darwin (1859), venne presto adottata come motto dai seguaci del naturalista e ampiamente criticata dagli oppositori. Essa divenne un modo di dire, anche se non l’aveva inventata Tennyson. La si trova ad esempio sul periodico The Hagerstown Mail nel marzo del 1837: "Hereupon, the beasts, enraged at the humbug, fell upon him tooth and claw." (Di conseguenza, le bestie, infuriate dall’imbroglio, si lanciarono su di lui con dente e artiglio).

Tennyson sembra preoccuparsi delle difficoltà nel conciliare le leggi della "Natura" con la fede in Dio. Che la Natura abbia "gridato contro il suo credo" anticipa i problemi che più tardi geologi e naturalisti avrebbero dovuto affrontare nello sviluppo di nuove teorie che erano pienamente in accordo con la scienza moderna, ma contraddittorie con la religione.

Nello scrivere il poema, Tennyson fu influenzato dalle idee evoluzioniste della trasformazione delle specie presentate in Vestiges of the Natural History of Creation (anonimo, ma scritto da Robert Chambers), pubblicato nel 1844, una delle opere precorritrici del capolavoro scientifico di Darwin, che aveva causato una tempesta di controversie riguardo alle implicazioni teologiche di una natura impersonale che agisce senza diretto intervento divino. La credenza incondizionata nella verità rivelata, derivata da un'interpretazione letterale della Bibbia, stava già entrando in conflitto con le scoperte emergenti della scienza. Tennyson esprimeva le difficoltà che le idee evoluzionistiche suscitavano per la fede nelle "verità che non possono mai essere provate", mentre credeva all'idea che la ragione avrebbe alla fine armonizzato la scienza e la religione, in quanto non potevano esserci reali contraddizioni. Egli pensava che il progresso umano consiste nell'affrancarsi dallo stato iniziale di superstizione, attraverso il cristianesimo, a una comprensione del suo posto nell'universo basato più sulla ragione e sulla scienza.

Un’ulteriore notevole citazione riguardo agli interessi naturalistici di Tennyson è data dalla quartina che si trova nel Canto 123:

The hills are shadows, and they flow
From form to form, and nothing stands;
They melt like mist, the solid lands,
Like clouds they shape themselves and go.

Le colline sono ombre e scorrono
di forma alla forma, e nulla sta in piedi;
si sciolgono come nebbia, le terre solide,
come nuvole si modellano e vanno.

che fa riferimento alla recente scoperta da parte dei geologi della grande età e della mutevolezza della Terra, una meraviglia scientifica alla base delle idee emergenti sulla natura e sull'evoluzione, ben anticipate dai Principles of Geology di Charles Lyell (1830-33), che fu una delle prime opere a considerare seriamente che la Terra era probabilmente molto più antica della stima biblica di circa 6000 anni, il che significa che i concetti evolutivi che richiedevano grandi tempi erano diventati praticabili. Tennyson usa le immagini geologiche per creare uno sfondo in cui nulla è permanente e ogni oggetto o momento è semplicemente un anello d'una catena evolutiva. L'implicazione è chiara: la conoscenza da parte del poeta della moderna teoria scientifica lo ha portato alla conclusione che gli eventi nella sua vita non sono più importanti o significativi per una "Natura" impersonale e indifferente di qualsiasi altro processo naturale.

Anche in Idylls of the King ci sono accenni alle idee di Tennyson sull'evoluzione:

The old order changeth, yielding place to new,
And God fulfills Himself in many ways,
Lest one good custom should corrupt the world,

Il vecchio ordine cambia, dando luogo al nuovo,
e Dio si realizza in molti modi,
per evitare che una buona abitudine corrompa il mondo,


Oltre a occuparsi di pensiero scientifico, la poesia di Tennyson fa anche numerosi riferimenti alla tecnologia, in particolare allo sviluppo della ferrovia. L'Inghilterra in cui Tennyson nacque nel 1809 era considerevolmente diversa dal paese in cui morì nel 1892. Fu un periodo di grandi e accelerati cambiamenti industriali e sociali, cui Tennyson allude in poemi come Locksley Hall, che tratta (in parte) gli effetti della tecnologia sull'umanità. Una strofa notevole del poema fu scritta dopo che il poeta aveva preso un treno. “Quando andai per la prima volta da Liverpool a Manchester, pensavo che le ruote girassero in un solco ... poi ho scritto questa frase:

Not in vain the distance beckons. Forward, forward let us range,
Let the great world spin for ever down the ringing grooves of change.

Non invano la distanza chiama. Avanti, avanti lasciaci andare,
lascia che il grande mondo giri per sempre tra i solchi del cambiamento.

Le ruote del treno in realtà non scorrono in solchi, ma Tennyson era troppo interessato alle implicazioni della scienza per la vita umana per preoccuparsi di questo particolare. In ogni caso, anche grooves of change divenne un modo di dire celebre in Gran Bretagna.

There methinks would be enjoyment more than in this march of mind,
In the steamship, in the railway, in the thoughts that shake mankind.
There the passions cramp'd no longer shall have scope and breathing space;
I will take some savage woman, she shall rear my dusky race.

Mi sembra che ci sarebbe molta più gioia che in questa marcia della mente,
nella nave a vapore, nella ferrovia, nei pensieri che scuotono l'umanità.
Lì le passioni non più soffocate avranno più spazio e respiro;
prenderò una donna selvaggia, lei corromperà la mia razza oscura.

La preoccupazione di Tennyson risiede nella sua convinzione che le tecnologie moderne promettono progressi ma non riconoscono che la razza umana è "selvaggia". Essa non cambierà in modo significativo, nonostante la tecnologia. Gli sembrava che l'umanità stesse correndo verso il futuro, spinta dal pensiero scientifico e dai progressi tecnologici, avanzamenti che dovevano essere visti con eccitazione e trepidazione, ma anche con cautela. Più di tutti gli altri poeti inglesi dell’Ottocento, Tennyson rappresentò lo spirito della sua epoca e le sue contraddizioni.

domenica 9 dicembre 2018

Newton ci rassicura: la fine del mondo non sarà prima del 2060


Siamo abbastanza abituati alle dichiarazioni di sventura, dagli scienziati che predicono la sesta estinzione di massa a causa degli effetti del cambiamento climatico, agli estremisti religiosi che proclamano l'apocalisse (o lo stesso riscaldamento globale) a causa dell’eccesso di peccato. È quasi impossibile immaginare questi due gruppi di persone d'accordo su qualcosa di diverso dal sinistro portento dei loro rispettivi messaggi. Ma, agli albori della rivoluzione scientifica non era affatto insolito trovare entrambi i tipi di ragionamento, o di irragionevolezza, nella stessa persona, assieme a credenze in magia, divinazione, astrologia, ecc. 

Anche in questo vortice di pensieri e pratiche eterodosse, Isaac Newton si distinse con una strana coesistenza di profezia biblica esoterica, credenze occulte e matematica rigida e formale, che non solo aderì al metodo scientifico induttivo, ma estese anche il suo potenziale, applicando assiomi generali in casi specifici. Ciò nonostante, mentre stava formulando il principio di gravitazione universale e le tre leggi del moto, ad esempio, egli cercava anche la Pietra Filosofale e tentò di trasformare il metallo in oro. Inoltre, il devoto Newton scrisse trattati teologici che interpretavano le profezie bibliche e predicevano la fine del mondo. 

Newton sembrava fiducioso delle sue predizioni in questo campo come lo era nel mondo razionale della scienza. In una lettera esposta nel 2015 all'Università ebraica di Gerusalemme, Newton descrive la sua idea: 
“Quindi i tempi e la metà dei tempi sono 42 mesi o 1260 giorni o tre anni e mezzo, calcolando dodici mesi per un anno e 30 giorni per un mese come è stato fatto nel calendario dell'anno primitivo. E, sostituiti agli anni dei regni vissuti i giorni delle Bestie di breve durata, il periodo di 1260 giorni, se datato dalla completa conquista dei tre re dell'800 d.C., terminerà l'anno 2060 d.C. Potrebbe finire più tardi, ma io non vedo alcuna ragione perché termini prima”. 
Secondo gli esperti, la lettera di Gerusalemme sarebbe stata scritta dopo il 1704, e la scrittura malferma suggerisce una data piuttosto tarda nella vita di Newton. Egli dimostra la sua fiducia nella frase finale, scrivendo che il suo intento, "anche se non è di assicurare" una risposta, dovrebbe in ogni caso "porre fine alle sconsiderate congetture di uomini fantasiosi che spesso predicono il tempo della fine". Ma come è arrivato a questo numero? Newton ha applicato un metodo rigoroso, questo è certo.

Per Newton, la profezia biblica prevede gli eventi divinamente ordinati del futuro. Era certo che l'interpretazione della profezia biblica fosse non indifferente, ma un dovere della più grande importanza. La profezia permetteva a Newton di vedere la storia in anticipo. Identificò anche un sistema malvagio e apostata (Babilonia) che i puri cristiani devono fuggire per evitare la distruzione e l'ira di Dio. 

Egli credeva sia in Dio che nella Bibbia come rivelazione divina. Pensava anche che Dio non fosse legato dal tempo come gli umani, permettendogli di vedere la "fine dall'inizio". Quindi, per usare le stesse parole di Newton, era convinto che "le sacre profezie" della Scrittura non fossero nient'altro che "storie di cose a venire". Allo stesso tempo, la profezia biblica è scritta in un linguaggio altamente simbolico che richiede un'interpretazione qualificata. Newton fece proprio questo obiettivo mentre tentava di scoprire il futuro del mondo con le parole dei profeti. 

Newton era preoccupato che il tracollo delle fallibili previsioni umane basate sulla profezia divina avrebbe messo in discredito la Bibbia. Ironia della sorte, in una delle due volte in cui Newton annotò la data del 2060, inveiva contro chi arrischiava date sulla fine del mondo. Newton potrebbe essere stato sbalordito se avesse saputo che la sua previsione sarebbe stata diffusa in tutto il mondo nel ventunesimo secolo. I suoi calcoli sulla data del 2060 erano infatti riflessioni private fatte su un pezzo di carta non destinato al pubblico. 


Come molti commentatori profetici della sua epoca, Newton credeva che i periodi profetici di 1260, 1290, 1335 e 2300 giorni rappresentassero effettivamente 1260, 1290, 1335 e 2300 anni, usando il "principio del giorno per anno". 

Per Newton questi periodi (in particolare i 1260 anni) rappresentavano l'arco temporale dell'apostasia della Chiesa (per Newton ciò significa la Chiesa cattolica). Così, cercò nella storia la probabile data in cui l'apostasia era iniziata formalmente (un segno per lui era la data in cui la chiesa papale otteneva il potere temporale). Da lì era semplice aggiungere il periodo di tempo alla data di inizio. Tuttavia, le cose sono raramente così semplici con Newton. Come già accennato, Newton raramente stabilì la data di fine per un periodo di tempo, una volta che aveva stabilito una data di inizio. C'è un piccolo numero di eccezioni, e la data 2060, trovata due volte nella lettera di Gerusalemme, è una di queste. La data 2060 è anche significativa perché, oltre alla rarità delle date di fine negli scritti di Newton, il calcolo che dà la data del 2060 compare abbastanza tardi nella sua vita e viene affermato con insolito vigore. 

Trovare la data di inizio era di grande importanza per Newton, poiché, una volta aggiunti i periodi profetici a questa data, era in grado di determinare quando i grandi eventi apocalittici della fine del mondo sarebbero accaduti. 

Ma da dove trasse i periodi profetici? Soprattutto da Daniele: il periodo di tempo di 1260 giorni appare in Daniele 7:25 (come "un tempo e tempi e la divisione del tempo" [= un anno, due anni e mezzo]), Daniele 12: 7 (come "un tempo, i tempi, e mezzo "[= un anno, due anni e mezzo anno]), Rivelazione 11: 3 (1260 giorni), Rivelazione 12: 6 (1260 giorni) e Rivelazione 13: 5 (42 mesi). Il periodo di tempo 1290 giorni appare in Daniele 12:11. Il periodo di tempo 1335 giorni appare in Daniele 12:12. Il periodo di tempo di 2300 giorni si trova in Daniele 8:14. Newton optò per il periodo più breve, ma si premurò di precisare che quella scelta indicava solamente un terminus post quem: “Potrebbe finire più tardi, ma io non vedo alcuna ragione perché termini prima”. Nonostante gli sforzi degli attuali governi mondiali, insomma, per un’altra quarantina d’anni, male che vada, possiamo stare tranquilli. 

L’operazione di Newton non comportò l'uso di nulla di "complicato" come i suoi calcoli infinitesimali, ma l'aritmetica piuttosto semplice che potrebbe essere eseguita da un bambino. A partire dal 1670, continuando fino alla fine della sua vita nel 1727, Newton considerò diverse date di inizio per l'istituzione formale dell'Apostasia, cioè la Chiesa romana. Le date di inizio considerate inizialmente furono il 607 e il 609, ma, invecchiando, Newton spinse il tempo della fine sempre più lontano nel futuro. Nel manoscritto di Gerusalemme, Newton fornisce per due volte l’anno 800 per l'inizio della "supremazia del Papa". L'anno 800 è significativo poiché è l'anno in cui Carlo Magno fu incoronato imperatore da papa Leone III a San Pietro a Roma. Poiché Newton credeva che i 1260 anni corrispondessero alla durata della corruzione della Chiesa, aggiunse 1260 a 800 d.C. e arrivò alla data 2060 per la "caduta di Babilonia", la cessazione della Chiesa cattolica. Sembra che Newton credesse che la caduta potesse forse iniziare un po’ prima della fine del periodo di 1260 anni e continuare per un breve periodo dopo. Qualunque sia la cronologia precisa, Newton pensava che qualche tempo dopo la caduta della chiesa corrotta (trinitaria, cattolica), Cristo sarebbe tornato e avrebbe istituito un regno di Dio di 1000 anni sulla terra. A pagina 144 delle sue osservazioni (1733), Newton citò Daniele 7: 26-27 come prova di ciò: 
"26 Poi si terrà il giudizio e gli sarà tolto il dominio; verrà distrutto e annientato per sempre. 27 Allora il regno, il potere e la grandezza dei regni che sono sotto tutti i cieli saranno dati al popolo dei santi dell'Altissimo; il suo regno è un regno eterno, e tutte le potenze lo serviranno e gli ubbidiranno".  
Newton sposò un'escatologia millenarista e così sostenne che Cristo sarebbe tornato sulla terra per stabilire il Millennio. 


Cosa credeva che sarebbe accaduto intorno al 2060? Newton era convinto che Cristo sarebbe tornato intorno a questa data e avrebbe stabilito un Regno globale di pace. Anche "Babilonia" (la corrotta Chiesa romana) sarebbe caduta, e il vero Vangelo sarebbe stato predicato apertamente. Prima della Seconda Venuta, gli ebrei sarebbero tornati in Israele secondo le previsioni fatte nella profezia biblica. Anche il Tempio sarebbe stato ricostruito. Un po’ prima, o attorno al tempo del ritorno di Cristo, la grande battaglia di Armageddon sarebbe avvenuta quando una serie di nazioni (la "confederazione di Gog e Magog" della profezia di Ezechiele) avrebbe invaso Israele. Cristo e i santi sarebbero quindi intervenuti per stabilire un regno di Dio di 1000 anni in tutto il mondo. Citando il profeta Michea, Newton credeva che questo Regno avrebbe inaugurato un periodo di pace e prosperità, un periodo in cui le persone avrebbero "trasformato le loro spade in vomeri e le loro lance in falci" e "le nazioni non avrebbero alzato la spada contro un’altra nazione, né avrebbero più conosciuto la guerra" (Michea 4: 3). Newton credeva che ci sarebbe stato un esito positivo alla guerra e alla distruzione che si sarebbe verificata alla fine dei tempi. Newton prese sul serio la visione profetica della pace mondiale trovata in Isaia 2 e Michea 4, una visione che vede Gerusalemme come l'inizio della pace. È quindi forse appropriato che la più grande collezione di documenti profetici di Newton si trovi ora a Gerusalemme. 

Newton non era uno "scienziato" nel senso moderno del termine. Era invece un "filosofo naturale". La filosofia naturale includeva non solo lo studio della natura, ma anche lo studio della mano di Dio sull'opera della natura. Newton aveva un’idea di filosofia naturale che vedeva la scoperta di Dio e dei suoi attributi come il suo fine principale. Per questo motivo, qualsiasi studio serio sulla filosofia naturale di Newton deve includere una comprensione delle sue opinioni teologiche. Per esempio, i famosi concetti di Newton sullo spazio e il tempo assoluti erano fondamentalmente basati sulla sua idea dell'onnipresenza di Dio e della durata eterna. È anche chiaro dai suoi manoscritti privati che Newton riteneva che il filosofo naturale ideale sarebbe stato anche un sacerdote della natura. Per Newton, non esisteva una barriera impermeabile tra la religione e ciò che ora chiamiamo scienza. Durante tutta la sua lunga vita, Newton si sforzò di scoprire la verità di Di,  sia nella Natura che nella Scrittura. Pur riconoscendo distinzioni disciplinari, Newton credeva che la verità fosse una. Quindi, lo studio di Newton sulla natura e le Scritture erano in un certo senso due metà di un tutto: la scoperta della mente di Dio. 

È importante notare che Newton non credeva che il mondo avrà una "fine" nel senso di cessare di esistere o di bruciarsi in fiamme sacre. La sua filosofia dei tempi della fine assomiglia a quella di un numero sorprendente di evangelici di oggi: Cristo ritornerà e regnerà per un millennio, la diaspora ebraica tornerà in Israele e, scrisse, creerà "un regno fiorente ed eterno". 

Come in molti hanno sostenuto, nonostante la concezione di Newton della sua opera scientifica come baluardo contro altre teologie, alla fine essa è diventata una base per una visione laica, che può tollerare forme di teismo accanto a posizioni decisamente agnostiche, e ha permesso agli scienziati di fare previsioni accurate per centinaia di anni. La fisica del XX secolo ci ha mostrato un universo molto più radicalmente instabile di quanto Newton abbia mai immaginato; le sue teorie sono, come dice Isaac Asimov, "non tanto errate quanto incomplete", ma ancora essenziali per la nostra comprensione di certi fenomeni fondamentali. Ma per quanto stimolanti e curiosi possano essere gli altri interessi di Newton, non c'è ragione per accreditare i suoi calcoli profetici più di quelli di qualsiasi moderna setta apocalittica.